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(it) Italy, UCADI #182: Gaza: un genocidio mediante pogrom (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Fri, 22 Mar 2024 09:39:45 +0200


Con il termine genocidio si indicano l'insieme dei crimini violenti commessi contro determinati gruppi di individui con l'intento di distruggerli e si realizza mediante l'uccisione di membri di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, le lesioni gravi apportate all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo, la sua sottomissione a condizioni di esistenza che ne comportino la distruzione fisica, totale o parziale, le misure tese a impedire nuove nascite in seno al gruppo, obiettivo che può essere oggi efficacemente perseguito con bombardamenti di massa e indiscriminati che hanno il vantaggio di essere uno strumento industriale rispetto agli aborti procurati, ai bambini mandati nelle camere a gas, le sterilizzazioni individuali.
Per meglio attuare un genocidio vennero organizzati specifici eventi che presero il nome di pogrom, termine russo che significa "demolire o distruggere con atti violenti" con i quali una comunità veniva annientata. Come il popolo ebraico, che ne è stato vittima, sa bene, la connotazione storica del termine si riferisce alle violente aggressioni contro di loro da parte delle popolazioni locali. I partecipanti ai pogrom erano organizzati a livello locale, qualche volta con l'incoraggiamento dei governi e della polizia. Coloro che vi partecipavano violentavano e uccidevano, saccheggiando poi le loro proprietà. Ad opera di Hamas il 7 ottobre un pogrom è stato messo in atto contro di loro dopo l'olocausto, un genocidio programmato scientificamente.
Da allora un pogrom è in atto nei confronti dei palestinesi di Gaza e, con altre forme, degli abitanti autoctoni della Cisgiordania occupata, che assume forme diverse a seconda del luogo, con un'ampiezza e un'intensità che lo trasforma in genocidio, visto che l'esercito israeliano agisce per eliminare fisicamente tutti gli abitanti di Gaza, in quanto membri di un gruppo nazionale, etnico e religioso, e ad esso apporta gravi lesioni fino, a produrre la morte, distrugge l'integrità fisica e mentale degli abitanti della Striscia, li sottomette a condizioni di esistenza che mirano alla loro totale distruzione fisica, mentre i bombardamenti indiscriminati stroncano la vita sul nascere, o rendono invalidi i vivi che sopravvivono.
La medesima azione assume forme diverse in Cisgiordania, ma usa metodi in parte diversi, come gli arresti arbitrari, la detenzione disposta con provvedimento amministrativo, senza processo, la distruzione di case, il sequestro e l'esproprio di terreno che viene trasferito nella disponibilità dei coloni che, armati dal governo, compiono azioni di deterrenza e rappresaglia nei confronti dei palestinesi che abitano il territorio, privandoli delle loro terre, terrorizzandoli, sparando su di loro.
Lo stato d'Israele chiede solidarietà per il fatto di essere il contenitore che ospita i superstiti dell'olocausto e gli ebrei erranti, scacciati dalla loro terra fin dall'editto di Traiano, Facendo aggio sulla cattiva coscienza dell'occidente che impregnato di antisemitismo ha visto con valore il ritorno degli ebrei in Palestina facilitandolo, nella convinzione deliberarsi di un problema morale e politico. Eppure il popolo ebraico dovrebbe sapere che se è vero che gli ebrei sono stati oggetto dell'olocausto, che contro di loro è stato messo in atto un genocidio di ampiezza spaventosa, ciò non li rende diversi da altri popoli che hanno subito violenze simili, come quello armeno e quello curdo, (a meno che non si voglia disquisire sulle metodiche utilizzate, sull'intensità, la profondità e la crudeltà con le quali il genocidio è stato attuato).
Gli ebrei sono liberi di considerarsi il popolo eletto, ma questa è una convinzione religiosa che non implica una loro superiorità nei diritti, una loro nobiltà morale, una loro particolare sensibilità etica, prova ne sia ciò che stanno facendo a Gaza, applicando letteralmente la legge del taglione, nulla ha a che fare con il diritto.
È tempo di smetterla di tacciare di antisemitismo tutti coloro che criticano o che deplorano il genocidio mediante pogrom che gli israeliani hanno scientificamente deciso di praticare su un altro popolo.
Quanto è avvenuto dovrebbe certamente rendere edotti gli appartenenti al popolo ebraico su cosa significhi vivere sulla propria pelle questa tragedia, subire tante violenze, e ciò dovrebbe indurli a non comportarsi come gli assassini loro persecutori e comprendere che all'odio e alla violenza bisogna porre fine, cercando le ragioni di una convivenza possibile.
Essi sanno bene che, con fatica, proprio gli orrori della storia hanno indotto i popoli e il diritto internazionale ad adottare strumenti di condanna del genocidio, condensati nella Dichiarazione sui diritti umani del 1948 delle Nazioni unite, e dovrebbero essere i primi a rispettare. Riflettendo sulla propria storia, il popolo ebraico sa bene di avere generosamente tentato di trovare strumenti di convivenza, individuandoli nel kibbutz, ma deve prendere coscienza di essersi fatto sfuggire la soluzione del problema, distorcendone il significato solidaristico, quando ha egoisticamente deciso di consentirne esclusivamente l'afferenza a uomini e donne di religione ebraica, introducendo nella struttura il lavoro salariato e quindi lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, violandone lo spirito comunitario.
Un popolo che ha avuto il coraggio di trovare al suo interno le forze per progettare relazioni sociali aperte e solidali, non può accettare di farsi bloccare dalla pregiudiziale etnica e religiosa e rinunciare ad essere esempio di convivenza nella pace e nella solidarietà in nome del sionismo.[1]

Porre fine al conflitto

Siamo consapevoli delle difficoltà di interrompere, dopo tanti orrori, il conflitto e costruire la pace. Siamo coscienti che la ferita degli ostaggi si presenta come un ostacolo insuperabile, insieme alla detenzione di migliaia e migliaia di palestinesi, spesso trattenuti per anni in carcere sulla base di provvedimenti amministrativi trasformati in atti validi a tempo indeterminato. Ma sappiamo che il conflitto deve cessare e per farlo un passo significativo potrebbe essere costituito dal riconoscimento unilaterale da parte degli Stati Uniti per primi, e poi da parte di tutti gli altri paesi, dell'esistenza di uno Stato palestinese, come soggetto di diritto internazionale, anche se questo non ha, al momento, un territorio riconosciuto e sovrano.
Verrebbe così messa alla prova la concreta volontà della Russia e della Cina a farsi garanti anche essi di una soluzione del conflitto, tutto questo nella logica di un mondo ormai multipolare, dove gli Stati Uniti non possono pretendere di essere il solo baluardo alla stabilità. Ma una decisione di questo genere avrebbe un significato ancora più profondo poiché costringerebbe Israele a prendere atto che il suo ruolo di subagente dell'imperialismo americano in Medio Oriente è finito e che quindi la sua sicurezza risiede nei buoni rapporti con i paesi che lo circondano e nell'accettazione dell'entità etnica palestinese, dismettendo finalmente il sogno integralista e nazionalista del sionismo internazionale più estremo che rivendica per gli ebrei tutta la Palestina storica, è irrealizzabile.
Se attuata, questa scelta rafforzerebbe tutti coloro che all'interno dello Stato di Israele sostengono la necessità della ricerca di una soluzione negoziata; costituirebbe un forte vantaggio per l'attuale Presidente degli Stati Uniti che potrebbe, forte di questa proposta ricevere il consenso di quella parte dell'elettorato democratico che lo critica per l'appoggio incondizionato ad Israele: potrebbe trovare il favore di quegli israeliani e quegli ebrei che non vogliono un genocidio e sono disponibili ad aprire il dialogo.
Dalla creazione, anche solo virtuale, dello Stato palestinese potrebbe iniziare un processo che porti progressivamente a ripristinare condizioni di vita accettabili nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, anche provvedendo allo sgombero dei coloni che illegalmente e con provvedimenti irresponsabili e criminali del governo israeliano hanno progressivamente occupato terre e proprietà ad essi non appartenenti. Ciò consentirebbe la convivenza necessaria che è la sola soluzione, difficile, al conflitto.
Sia chiaro, la stessa procedura occorrerebbe adottare per quanto riguarda la tutela del popolo curdo che avrebbe anch'esso diritto ad uno spazio vitale che le garantisca la possibilità di costruire libere istituzioni.

Lo scenario globale

Dare una soluzione al conflitto è quanto mai necessario perché, come i fatti dimostrano, il perdurare del conflitto lo allarga, ed anche se per ora non si è aperto un fronte al confine con il Libano, la possibilità che ciò accada è quanto mai possibile. Quel che è certo è che intanto il conflitto si è allargato al Mar Rosso, dove dalle coste yemenite gli Houthi colpisco e assaltano le navi di passaggio, di fatto ostacolando il commercio mondiale e recando gravi danni all'economia dell'Egitto che vede ridursi il traffico commerciale attraverso il canale, nonché l'Europa e gli altri paesi interessati al commercio est-ovest che devono sopportare i maggiori costi per le loro economie che il periplo dell'Africa comporta, aggravando il peso di una situazione economica già difficile a causa del crescente indebitamento dei diversi Stati occidentali e di quelli dell'Unione europea a sostegno della guerra in Ucraina.
Per contrastare l'attacco degli Houthi, i governi occidentali stanno predisponendo alcune missioni di guerra presentate come difensive, ma che costituiscono a tutti gli effetti un'estensione del conflitto, fornendo di fatto una copertura a quelle componenti della società israeliana che spingono verso la continuazione dei combattimenti.
Queste missioni che operano con differenti regole di ingaggio sono: l'operazione a guida statunitense Prosperity Guardianh che ha ingaggiato lo scontro con gli Houthi e ha avuto l'effetto di costringere il 90% del traffico mercantile che attraversava il Mar Rosso a deviare lungo la più lunga rotta intorno all'Africa. Questa missione a guida statunitense ingloberà quella denominata Atlante a guida spagnola che si trasformerà da missione europea di contrasto alla pirateria somala, in missione di difesa del traffico mercantile diretto in Israele o di proprietà riconducibili a interessi israeliani; la missione europea "Aspides" che ha come regola di ingaggio quella di garantire la libertà e sicurezza di navigazione nel Mae Rosso meridionale, nello Stretto di Bab el-Mandeb e nel Golfo di Aden. missione che, sostenuta da Italia, Francia e Germania che avrà a Larissa in Grecia, il suo quartier generale e avrà la copertura di aeri di avvistamento radar; una ulteriore operazione prende il nome di Operation Sentinel a guida francese il cui raggio d'azione include oltre al Golfo e ad Hormuz, il Golfo di Oman e lo Stretto di Bab el Mandeb, con una partecipazione sinora limitata a Gran Bretagna, Corea del Sud ed Israele (solo per l'intelligence).
Come si vede le condizioni per l'allargamento del conflitto ci sono tutte e basta un incidente per accenderla miccia e far deflagrare il conflitto.

[1]La Redazione, I comunisti anarchici, la questione ebraica e quella palestinese. Newsletter Crescita Politica, Ucadi (num. Spec., nov., 2023)

La Redazione

https://www.ucadi.org/2024/02/17/gaza-un-genocidio-mediante-pogrom/
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