|
A - I n f o s
|
|
a multi-lingual news service by, for, and about anarchists
**
News in all languages
Last 30 posts (Homepage)
Last two
weeks' posts
Our
archives of old posts
The last 100 posts, according
to language
Greek_
中文 Chinese_
Castellano_
Catalan_
Deutsch_
Nederlands_
English_
Francais_
Italiano_
Polski_
Português_
Russkyi_
Suomi_
Svenska_
Türkurkish_
The.Supplement
The First Few Lines of The Last 10 posts in:
Castellano_
Deutsch_
Nederlands_
English_
Français_
Italiano_
Polski_
Português_
Russkyi_
Suomi_
Svenska_
Türkçe_
First few lines of all posts of last 24 hours
Links to indexes of first few lines of all posts
of past 30 days |
of 2002 |
of 2003 |
of 2004 |
of 2005 |
of 2006 |
of 2007 |
of 2008 |
of 2009 |
of 2010 |
of 2011 |
of 2012 |
of 2013 |
of 2014 |
of 2015 |
of 2016 |
of 2017 |
of 2018 |
of 2019 |
of 2020 |
of 2021 |
of 2022 |
of 2023 |
of 2024
Syndication Of A-Infos - including
RDF - How to Syndicate A-Infos
Subscribe to the a-infos newsgroups
(it) Italy, FDCA, Cantier #24: Il femminismo transnazionale e le Conferenze mondiali delle donne - Serena Fiorletta (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Wed, 3 Apr 2024 09:35:27 +0300
Ripercorrere la storia dei femminismi porta all'individuazione di tappe
che meritano il soffermarsi della memoria e che passano alla storia come
momenti importanti quando non di svolta. Alcuni però faticano a essere
individuati come tali e spesso l'opera di comprensione e recupero
avviene con difficoltà, allora diventa necessario interrogarsi anche
sull'oblio o sulle complessità della trasmissione degli eventi. ----
Nell'indagare quello che viene definito femminismo transnazionale e le
diverse forme che questo può assumere, si inciampa nelle Conferenze
mondiali delle donne, organizzate dalle Nazioni Unite, tra la metà degli
anni Settanta e i primi anni Novanta. Le quattro conferenze, si svolsero
a Città del Messico (1975), Copenaghen (1980) e Nairobi (1985), seguite
dalla Conferenza di Pechino, nel 1995, la cui Piattaforma d'Azione è
ancora oggi punto di riferimento per i diritti delle donne.
In questo contesto il femminismo transnazionale, ha creato un luogo
fisico e simbolico di incontro globale che ha visto l'emersione di
prospettive e pratiche che hanno portato a una messa in discussione
femminista, attraverso la storia di un conflitto 'interno' che arriva
sino ai nostri giorni. Se oggi si discute con maggiore consapevolezza di
una parte di femminismo bianco che non ha saputo o voluto vedere altri
femminismi e istanze, nonché le differenze tra donne, troppo spesso si
ignora che una prospettiva postcoloniale e intersezionale venne agita
prima della diffusione e del successo di questi termini. Lo studio delle
Conferenze ci permette di osservare cosa è accaduto in anni solitamente
considerati di declino del femminismo, in un contesto che a un primo
sguardo potrebbe essere letto come un ambito solo istituzionale.
Innanzitutto bisogna sottolineare come la periodizzazione del femminismo
in ondate ci ha spesso impedito di rilevare ciò che accadeva nei momenti
meno evidenti di mobilitazione ma, soprattutto, non ha permesso di
conoscere ciò che accadeva in paesi diversi da quelli occidentali. Di
conseguenza sono sfuggiti dalle maglie della narrazione momenti
essenziali per lo sviluppo di pratiche e teorie femministe condivise.
Gli anni Ottanta sono infatti quelli in cui vari femminismi del Sud
Globale, nonché il femminismo nero negli Stati Uniti, emergono con
forza, non solo agita ma anche come critica e denuncia verso elementi
strutturali di discriminazione, quali il colonialismo, il capitalismo,
il neoliberismo ma anche verso un femminismo bianco, ritenuto egemonico,
quando non esso stesso portatore di forme di discriminazione e
stigmatizzazione. Non è quindi un caso che le donne di buona parte del
mondo, forti di anni di intensa mobilitazione, fossero pronte a cogliere
l'opportunità politica offerta dalle Nazioni Unite, capaci di dargli una
direzione, così come di tessere relazioni transfrontaliere, d'altronde
non era certo la prima volta. In breve tempo si organizzarono e
parteciparono in massa alle Conferenze, creando dei Forum paralleli che
divennero spazi transnazionali di confronto e azione. In sintesi, questi
incontri internazionali hanno dato vita a uno spazio politico composito
in cui hanno agito attori molto diversi tra loro, impegnati in
articolate relazioni, quali l'Onu, gli Stati membri e un movimento delle
donne e femminista che diventa protagonista riconosciuto di tali
processi globali.
Non possiamo qui riassumere la storia di ogni conferenza (nonché di
altri incontri internazionali fondamentali che si tennero in quegli
stessi anni) ma le attiviste furono presenti in migliaia per manifestare
la propria presenza, monitorare gli incontri, provare a incidere sulle
posizioni dei rispettivi governi, fare pressione sulle Nazioni Unite.
Ma, soprattutto, diedero forma a luoghi concreti dove avanzare richieste
ed esplicitare necessità, dando vita a un soggetto plurale in fieri non
facile da gestire.
La sorellanza universale, sino ad allora data per scontata da buona
parte del femminismo occidentale, sulla base comune del genere di
appartenenza, iniziò a vacillare, poiché le analisi e i temi portati
dalle donne del Sud Globale non potevano portare a una alleanza che
precedesse (e ignorasse) la realtà di ognuna. Secondo i rapporti, i
resoconti e le testimonianze dell'epoca (1), la consapevolezza effettiva
delle diverse prospettive, dell'irriducibilità dei posizionamenti e
delle diverse culture politiche inizia a Copenaghen nel 1980 e prosegue
a Nairobi nel 1985.
Come ci ricorda ManishaDesai (2), le conferenze mondiali delle donne e
gli incontri nei forum paralleli, furono eventi sostanzialmente
conflittuali che hanno visto attiviste di diversi paesi (molte non si
definivano femministe) sfidare i concetti, le richieste e le priorità
delle donne del Nord. La maggior parte delle donne bianche, ad esempio,
non voleva affrontare questioni definite 'politiche', poiché avrebbero
preferito presentarsi come un movimento saldo e coeso nel contesto
descritto. Ma, andando a scavare nei documenti, scopriamo come tali
istanze fossero vitali, in senso letterale, per molte delle donne
presenti. Le questioni definite politiche e pertanto divisive erano
infatti quelle portate avanti dalle sudafricane e dalle palestinesi che
volevano fossero esplicite e condivise le rivendicazioni e le denunce
delle discriminazioni e delle violenze quotidiane nella quali vivevano,
nei termini chiari di apartheid e occupazione coloniale. Furono diverse
le testimoni dell'epoca che alla fine della conferenza nella capitale
danese espressero il timore della inutilità di questi incontri o
dell'impossibilità di arrivare a una forma di comprensione reciproca,
per non parlare dello scetticismo sul poter incidere sui processi
governativi alla luce degli scontri interni all'attivismo stesso.
Il momento di svolta è alla conferenza di Nairobi, nel 1985, dove le
donne arrivarono probabilmente con il desiderio di proseguire e trovare
una forma di azione e possibilità di alleanze che tenessero insieme la
complessità in cui si trovavano. Nell'area dedicata al Forum parallelo
venne anche costruita una tenda della pace dove si svolsero aspre
discussioni e confronti, una sorta di spazio dedicato alla esplicita
accoglienza degli inevitabili conflitti.
Certamente protagoniste furono le attiviste dei paesi del sud del mondo
che arrivarono a Nairobi numerosissime (anche grazie al fatto che la
sede della conferenza fosse in una capitale africana) e le tante
femministe nere provenienti dagli Stati Uniti. Sono loro che attraverso
la presenza di corpi, analisi e richieste politiche agiscono una
rottura, mostrando come il genere non possa essere più l'unico elemento
che definisce la vita delle donne e la loro subalternità all'interno di
diversi sistemi patriarcali. Lo fanno facendo emergere e nominando altre
categorie sociali, come la classe, la "razza" (ovvero la razzializzazio
ne), l'orientamento sessuale, la religione, etc., che vanno a definire,
attraverso la loro intersezione, identità mutevoli, oppressioni e
capacità di autodeterminazione. Le differenze tra le donne, le diverse
prospettive politiche e la critica di una parte sostanziale del
femminismo bianco, ritenuto anch'esso responsabile di alcune forme di
esercizio di potere e di colonialismo, sono i nodi attorno ai quali si
mosse la conferenza.
È in questa occasione che si formarono reti femministe transnazionali
(3) di donne del Terzo Mondo (4) che attraverso questo tipo di
organizzazione, hanno iniziato a definire pratiche condivise e linguaggi
comuni, dando una nuova configurazione ai movimenti delle donne e
femministi a livello internazionale. Uno dei "manifesti" punto di
riferimento dell'epoca, che in realtà ha preceduto la Conferenza di
Nairobi, inizia con queste parole: «Attraverso le nostre analisi e
attività, siamo impegnate a sviluppare cornici e metodi alternativi per
raggiungere gli obiettivi di giustizia economica e sociale, di pace per
uno sviluppo libero da ogni forma di oppressione di genere, di classe,
di razza e di nazionalità» (5). Scritto da Gita Sen e Caren Grown, è il
proclama fondativo del Dawn Network, una rete tutt'oggi esistente. La
messa in discussione di un femminismo predominante e che tale voleva
essere, la presa di coscienza che i movimenti delle donne e femministi
sono diversi e non sempre conciliabili, diventa agli incontri delle
Nazioni Unite una prassi che consente possibilità di alleanze ragionate,
volute e concrete.
In sostanza tra la conferenza del 1980 e quella del 1985, attraverso
scontri, discussioni e ricomposizioni viene ridefinito, di volta in
volta, un femminismo che ha proposto una prospettiva postcoloniale e
intersezionale incarnata e poi teorizzata che, nel corso del tempo, è
stato capace anche di incidere sulle politiche istituzionali.
Oggi questa complessità sembra far parte del presente, nella attuale e
rivendicata necessità di parlare di femminismi al plurale e nel saperli
riconoscere. Ma altrettanto importante è ricordare e raccontare quanto
il processo sia stato lungo e altrettanto a lungo ignorato. I concetti
densi che parole come intersezionalità e decolonialità portano con sé
partono da lontano e non basta usarli come aggettivi, per esserne
consapevoli o saperli agire. Si fece fatica all'epoca e forse si fa
fatica ancora oggi, ad abbandonare uno sguardo sovente eurocentrico e
avere una prospettiva più ampia che si faccia davvero globale, nella sua
capacità di misurarsi concretamente con le sfide di una effettiva
decolonizzazione dello sguardo, delle teorie e delle pratiche.
Note
1) R.Gaidzanwa et al., Reflections on Forum '85 in Nairobi, Kenya:
Voices from the International Women'sStudies Community, Signs, Vol. 11,
No. 3 (Spring, 1986)
2) M. Desai, Transnational and Global Feminisms, in The Blackwell
Encyclopedia of Sociology, 2007, p.2
3) V. Moghadam, Transnational Feminist Networks: Collective Action in an
Era of Globalization, International Sociology 15 (1): 57-85, 2000
4) Definizione comune negli anni che stiamo prendendo in considerazione
e usato dalle stesse donne del sud del mondo, con l'intenzione esplicita
di rivendicazione provocatoria nella denuncia della subalternità in cui
erano costrette. Vd. anche l'uso di donna del Terzo Mondo nei lavori di
ChandraThalpadeMoanthy.
5) G. Sen, C. Grown, Development, Crises and Alternative Visions. Third
World Women'sPerspectives, MonthlyReview Press, 1987, p. 9
http://alternativalibertaria.fdca.it/
________________________________________
A - I n f o s Notiziario Fatto Dagli Anarchici
Per, gli, sugli anarchici
Send news reports to A-infos-it mailing list
A-infos-it@ainfos.ca
Subscribe/Unsubscribe https://ainfos.ca/mailman/listinfo/a-infos-it
Archive http://ainfos.ca/it
- Prev by Date:
(it) France, CNT-AIT: Anarchosyndicalisme #185 - Sfogliando gli archivi abbiamo... (ca, de, en, fr, pt, tr)[traduzione automatica]
- Next by Date:
(it) Germany, Dortmund AGDo: Criticità di genere - trans*ostilità come strategia di mobilitazione di destra (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
A-Infos Information Center