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(it) Italy, FDCA, Cantier #24: Mujeres Libres "Emanciparsi dallo sfruttamento capitalista e dall'oppressione patriarcale" - Daniele Ratti (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Tue, 2 Apr 2024 08:17:14 +0300
Nel Novecento la Spagna non fu coinvolta dal rinnovamento dei costumi
verificatosi nel mondo occidentale, il Paese continuò ad essere il
baluardo della tradizione cattolica, il custode fedele del più autentico
patriarcato: dio, patria famiglia furono i valori fondanti della
tradizione nazional-cattolica. Di fatto fu un residuato della cultura
della controriforma, che nella Penisola Iberica si conservò pressoché
intatta dal 1500 sino all'alba del ventesimo secolo. Il pensiero, i
comportamenti, sia dei singoli che in buona parte della società, non
conobbero o non poterono praticare in campo filosofico politico
scientifico, se non a fatica, l'esercizio del dubbio e la libertà delle
scelte che gran parte del mondo occidentale da tempo sperimentava. Il
sistema legislativo spagnolo poneva l'uomo al vertice del sistema
sociale e la donna in posizione totalmente subordinata anche in ambito
famigliare. Il compito della donna, se nubile, era la cura del nucleo
famigliare originario, se maritata, del proprio; unica alternativa: la
vita monastica. Vi era un'altra possibilità per uscire dal controllo
famigliare o dalla prigione clericale, quella del lavoro, anche se a
differenza degli altri paesi industrializzati europei - come Francia,
Germania, Gran Bretagna - l'inserimento nel mondo del lavoro avveniva
tardivamente. La buona parte delle donne occupate erano lavoratrici
domestiche: anche se si registrò un incremento dovuto all'urbanizzazione
e all'industrializzazione, nel 1934 il 34% della popolazione femminile
era impiegata entro le mura domestiche. Da sottolineare che
l'occupazione lavorativa era un'appendice dell'autorità famigliare,
infatti era strettamente subordinata al controllo maritale, il cui
consenso era necessario per svolgere qualsiasi attività e per avere la
libera disponibilità del proprio salario, che poteva essere riscosso dal
marito anche in caso di separazione.
Particolarmente dura la condizione delle domestiche, escluse dalla
giornata delle otto ore, dai contributi di disoccupazione, maternità,
prive di copertura infortunistica. Gli stipendi femminili erano
nettamente inferiori a quelli maschili, in agricoltura della metà, nel
tessile del 47% e del 41% nella metalmeccanica. Le tradizionali riviste
politiche culturali furono gli strumenti attraverso i quali le donne
anarchiche si avvicinarono alla politica, ai temi sociali; ma ben presto
ci si rese conto della necessità di una forma di aggregazione
specificatamente femminile. Furono quindi le storiche militanti e
collaboratrici delle testate libertarie ed anarcosindacaliste quali
Solidaridad Obrera, UMBRAL, CNT, El Libertario, TIERRA Y LIBERTAD, a
prendere l'iniziativa per dare vita ad una testata che non fosse una
mera appendice alle esistenti testate anarchiche. Fu comunque il
fallimento della rivolta proletaria delle Asturie nell'Ottobre del 1934,
che determinò una forte impulso solidaristico nel complesso della
sinistra spagnola, agevolando le aggregazioni rivoluzionarie anche nel
mondo libertario. Fu infatti proprio alla fine del 1934 che a Barcellona
un gruppo di donne militanti della Cnt cominciò a progettare un
raggruppamento femminile, per arrivare a costituire ai primi del 1935 il
Gruppo Cultural Feminino. Il passo decisivo per la nascita delle Mujeres
Libres avvenne nel novembre del 1935, quando venne rifiutata l'offerta
del direttore di Solidaridad Obrera di creare in quel periodico una
pagina femminile, e quindi fu presa la decisione di dare vita ad una
rivista di donne libertarie impegnate innanzitutto sul fronte
dell'emancipazione femminile. La decisione maturò a seguito delle
difficoltà che le compagne incontravano nelle relazioni quotidiane con
l'universo maschile.
Esplicita fu la denuncia della compagna anarchica Lucia Sancez Saornil
delle problematiche che incontravano le operaie nel movimento anarco
sindacalista sul piano dell' eguaglianza rispetto ai loro compagni
maschi, a causa delle relazioni che avevano con questi nelle loro vite
private.
Secondo lei i compagni erano dei maschilisti che volevano che la donna
si prendesse cura solo di loro e della famiglia e che non avesse
coscienza politica e sociale. In questo modo emergeva tra le mura
domestiche, anche tra le famiglie anarchiche, il patriarcato. Da parte
delle Mujeres Libres si sosteneva con estrema chiarezza che <la
propaganda per il coinvolgimento femminile non dobbiamo farla tra noi
donne, ma tra i compagni, poiché se sostengono che tutti gli esseri
umani sono uguali devono riconoscere che tra gli esseri umani è
ricompresa la donna, per quanto considerata un essere passivo dedita
alle faccende domestiche>. In sintesi la questione della divisione dei
ruoli di genere, nella società e nella famiglia, fu determinante per la
decisione di creare una organizzazione specifica per le donne. In altre
parole il messaggio politico era chiaro: ciò che il compagno sogna per
il futuro, uguaglianza e giustizia, deve essere applicato da oggi.
A Madrid il 2 maggio del 1936 - all'inizio della rivoluzione - uscì il
primo numero di Mujeres Libres, che poi fu pubblicato sino al 1938. La
rivista fu insieme il punto di arrivo e di partenza di una serie di
iniziative, conferenze, discussioni, dibattiti, in atenei libertari, su
riviste, scuole razionalistiche. Furono organizzati corsi di istruzione,
contatti con altri gruppi femminili e singole donne. Allo scoppio della
guerra civile, nel luglio del 1936, si ebbero contatti diretti fra il
gruppo madrileno, che aveva dato vita alla rivista, ed il Gruppo
Cultural Feminino di Barcellona. La rivolta militare non mise fine
all'esperienza delle Mujeres Libres, infatti nella zona repubblicana
presero vita vari gruppi che assunsero la denominazione di Mujeres
Libres, che si occuparono di varie incombenze. Gli esiti della guerra
influiranno in modo decisivo sulle sorti delle Mujeres Libres. Nei primi
mesi di entusiasmo rivoluzionario molte miliziane erano partite per il
fronte. Si verificò una grande trasformazione nella sfera privata e
nelle relazioni sociali.
Molte donne anarchiche, così come di altro orientamento politico,
lasciarono la propria casa per andare a vivere con il proprio partner,
maschio o femmina che fosse. L'immagine della donna con il fucile fu
l'icona della rivoluzione, aveva anche un carattere galvanizzatore per
le donne, rappresentava una completa scissione con "l'angelo del
focolare" di stampo tradizionale cattolico, era la fine del ruolo
subordinato femminile e rappresentava i primi passi dell'autonomia
femminile, anche se, è bene ricordarlo, non riguardò la maggioranza
delle donne, che svolsero i loro compiti nelle retrovie, impiegati nei
tradizionali ruoli di assistenza e cura riservati alle donne. Non è un
caso che la "normalizzazione" repubblicana, dopo i primi mesi
rivoluzionari, "riportò ordine" a partire innanzitutto delle miliziane,
inquadrandole nei reparti "regolari" repubblicani. Anche le attività
pratiche organizzate dalle compagne, erano inevitabilmente condizionate
dalle vicende belliche. Le attività vennero pensate, progettate, per
avere un ritorno immediato e positivo nell'ambito delle vicende belliche
e non poteva essere diversamente. Vennero avviati corsi per nozioni
pratiche di agricoltura ed avicoltura, per poi essere utilizzati nelle
comuni agricole, corsi per categorie professionali da sempre considerati
maschili ad utilizzo dell'industria di guerra, come assemblatori,
saldatori, fresatori, nel settore ferroviario ed aeronautico.
Nell'ambito dei trasporti urbani, le donne si inserirono come conducenti
e bigliettai. Tra le diverse attività sono da ricordare le campagne
contro la prostituzione, incentrate sulle dignità femminile, furono
creati i "laboratorios de prostitucion femminile", offrendo varie
possibilità di alternative professionali, progetto che fallì a causa
delle difficili circostanze belliche. Al di là dell'attivismo sociale
delle Mujeres Libres il loro peso politico era assai modesto e ci fu
sempre Il forte sospetto che il movimento fosse qualcosa di secondario
rispetto all'anarchismo iberico. Le compagne, per tale ragione,
nell'ottobre del 1938 chiesero all'assemblea generale plenaria del
movimento libertario spagnolo il pieno riconoscimento, che però non
arrivò mai, infatti non vennero mai riconosciute come gruppo autonomo né
dalla FAI né dalla CNT, né dalla Juventus Libertarias, lamentando che
"la nostra organizzazione e la nostra finalità sono rimaste incomprese.
Si è stati sordi con essa a ogni nostra richiesta di aiuto". L'esito fu
negativo e la richiesta venne respinta con la sconcertante motivazione
che "un'organizzazione femminile sarebbe per il movimento un elemento di
disunione e di diseguaglianza (...) ed avrebbe conseguenze negative per
lo sviluppo futuro degli interessi della classe operaia". La vicenda non
deve stupire più di tanto, considerato che per gli anarchici non era
scontato estraniarsi da un contesto culturale che per secoli aveva
permeato la Spagna di un maschilismo efferato, sostenuto ed alimentato
nel profondo da valori e pratiche sociali cattoliche, che aveva
costituito l'essenza della cultura spagnola, per le quali la divisione
dei ruoli tra uomo e donna erano il fondamento della famiglia e della
società. In sintesi gli aiuti concreti da parte del movimento libertario
furono assai scarsi: dal punto di vista economico si limitarono a
qualche spazio sulla stampa libertaria o a qualche locale per le riunioni.
In generale l'atteggiamento nei confronti delle Mujers Libres fu di
benevola accondiscendenza, verso manifestazioni ritenute vivaci, ma di
secondaria importanza. Soprattutto fu il diffuso puritanesimo che rimase
sconcertato dalle modalità disincantate di affrontare i temi della
sessualità da parte delle compagne e fu il vero tema di contrapposizione
tra compagni e compagne. Naturalmente al di fuori dell'universo
anarchico il movimento fu considerato alquanto pittoresco ed oggetto di
svariate calunnie. Ci pare opportuno riportare le osservazioni di Concha
Liano: ...la nostra aspirazione era di essere il ramo femminile del
movimento libertario, allo stesso modo in cui lo era la gioventù nella
juventudes Libertaria. E' molto doloroso riconoscerlo ed ancora di più
manifestarlo, ma ai nostri liberati compagni anarchici, che lottavano
per la liberazione del proletariato, sfuggiva nelle analisi che la donna
spagnola, in quanto operaia, soffriva come loro il giogo del
capitalismo, e ancora peggio, per lo stesso lavoro percepiva un minore
salario, E in quanto essere umano nella società, la sua situazione non
poteva essere più degradante e obbrobriosa: un essere adulto minore di
età(...).Ordunque i nostri compagni non ci vollero riconoscere come ramo
femminile del movimento libertario.
E questo atteggiamento ci causò molto stupore e risentimento. Noi
MUJERES LIBRES, presentavamo al nostro movimento un'organizzazione su un
vassoio d'argento e ci rifiutavano. Gli aiuti erano somme molto esigue,
il minimo vitale, ma le apprezzavamo per quelle che valevano>. Mujeres
LIbres fu il primo movimento che espresse con chiarezza la duplicità del
programma d'azione della donna operaia: l'emancipazione dallo
sfruttamento capitalista da un lato e dall'oppressione patriarcale
dall'altro. Per questa ragione si distinse dalle organizzazioni
femminili dell'epoca, in quanto pioniere del femminismo successivo:
nonostante le sue militanti non accetassero la denominazione femminista,
perché la ritenevano una parola dalle reminiscenze borghesi e
suffragiste. Ad ogni modo con molta penuria e con le loro difficoltà, le
ragazze di MUJERES Libres continuavano la loro lotta su tutti i fronti
imposti dalla drammatica situazione della guerra civile, e contro la
morale regnante nei confronti della donna. Durante la guerra civile le
Mujeres Libres si trovarono senza un appoggio da parte della CNT da una
parte e dall'altra a dover fronteggiare le manovre dell'Asociacion
Mujieres Antifascitas (AMA) sotto il controllo dei comunisti stalinisti.
Venne sempre declinato l'appello alla fusione delle organizzazioni
femminili. Non si rinunciò mai alla propria autonomia e non si accettò
mai di subordinarsi alle preesistenti organizzazioni anarchiche e
libertarie, né di fungere di cinghia di trasmissione di alcunché,
Mantenendo la consapevolezza del fatto che solo se autogestita l'azione
femminile avrebbe consentito il raggiungimento dei fini della loro
battaglia. Autonomia che consentì alle Mujeres Libres di non cadere
nella trappola borghese e comunista dell'unità antifascista e
soprattutto di non fare della questione femminile oggetto di scambio,
nei quadri di compromessi politici.
Le donne che dettero vita a Mujers Libres preferivano definire il loro
movimento "femminile" piuttosto che femminista, al fine di dissociarsi
dalle associazioni femministe borghesi.
Umanesimo integrale era il termine ritenuto più adeguato. La libertà ed
il rispetto per la persona operavano come valore fondanti, la libertà
della donna veniva intesa come possibilità di scegliere cosa volesse
essere, al di fuori di ruoli fissi o stereotipi, fossero anche quelli
della donna liberata o della donna rivoluzionaria, di modo che tutti i
modelli teorici sociali, oppressivi, vennero messi in discussione.
Questa solidarietà femminile con le sue forme di assistenza sociale,
come il prendersi cura dei bambini delle lavoratrici e l'organizzazione
di refettori popolari, era la concreta risposta agli egoismi ed alle
ingiustizie di cui la donna spagnola è stata vittima. Le Mujeres Libres
coniugavano la questione femminile con la lotta di classe, nel quadro di
una solidarietà che si connotava come umanesimo integrale. In
conclusione dare un giudizio sull'esperienza delle Mujeres Libres solo
sulla base di quanto la loro breve storia ha prodotto sarebbe un
grossolano errore. Non solo per il fatto che questa esperienza ha preso
vita per un breve periodo, ma soprattutto perché si è realizzata in un
tempo a dire poco travagliato, segnato dalla più tragica guerra civile
che l'occidente ricordi. Per cui le azioni sono state pesantemente
condizionate dagli eventi bellici e riesce oggettivamente complicato
capire quale sia stato l'effettivo impatto sul corpo sociale.
Troppo spesso le "sperimentazioni" i progetti hanno avuto breve durata,
rendendo pressoché impossibile valutarne compiutamente gli effetti e ciò
vale in generale per tutte le realizzazioni che il mondo anarchico
libertario, nella sua breve "primavera" iberica, ha realizzato partendo
dalle collettivizzazioni. Ciò che è stato totalmente innovativo, invece,
specie nella realtà spagnola, è l'aver semplicemente immaginato e
realizzato uno spazio totalmente al femminile partendo dall'aggregazione
delle donne, che non era l'appendice di un'organizzazione politica
inevitabilmente declinata al maschile ma era, per la prima volta, una
organizzazione pensata, costruita, gestita, dalle donne. Tale fatto non
fu mai pienamente accettato dalla componente maschile del movimento
libertario e non poteva esserlo, dopo secoli di feroce patriarcato,
oltremodo santificato dalla cultura gesuitica della quale la Spagna era
l'alfiere mondiale. Le Mujeres Libres portarono avanti una doppia
rivoluzione, quella sociale e quella dei rapporti di genere ed
interpersonali: a suo tempo nessuno è stato all'altezza di riconoscere
appieno il valore di questo progetto. Il sogno era di risolvere i
problemi delle donne nella loro società, fornendo esempi operativi in
tempi brevi. Il merito fu quello di Insistere sul fatto che la lotta
della donna operaia non sarebbe terminata con la scomparsa del sistema
capitalista, ma solo quando si fosse soppresso il patriarcato e la
subordinazione femminile , e soprattutto si fosse affermata la
contemporaneità dei loro principi, lotta di genere e di classe, Tale
principio non fu compreso a quel tempo, né da parte dei loro compagni,
né da parte di molte donne militanti anarchiche, né delle organizzazioni
femminili operaie che non mettevano in discussione il patriarcato.
Questo il lascito delle Mujeres Libres .
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