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(it) Italy, Sicilia Libertaria: Riscatto 1968 di sangue, di rabbia e di lotta (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Sun, 31 Mar 2024 08:30:01 +0300


Il 1968 si apre e si chiude in Sicilia: terremoto nel Belice e massacro di Avola ne sono il principio e l'epilogo. ---- L'isola aveva cominciato ad assaggiare i frutti della modernizzazione (frigoriferi, televisioni, automobili, consumo di carne), ma in vent'anni la sua popolazione si era ridotta dell'11,1%, e il divario con le regioni del Nord si era accresciuto. ---- Nel Belice un laboratorio di iniziative, lotte, esperienze socioculturali ed educative era attivo dal 1952 spinto dagli stimoli di Danilo Dolci e dei volontari coinvolti in questo percorso di rinascita e sui suoi metodi di lotta (digiuni, marce nonviolente) collegati ai tradizionali scioperi alla rovescia; le battaglie per le dighe di Bruca e sullo Jato, per la casa, contro l'emigrazione (con i rimboschimenti e le cooperative) avevano risvegliato le comunità. Un movimento di comitati popolari e centri studi aveva posto le valli dello Jato, del Belice e del Carboj al centro dell'attenzione nazionale per le sue dure battaglie, gli arresti, i processi. Un piccolo angolo della Sicilia pianificava il proprio riscatto e si poneva da esempio per tutta l'isola e oltre.

Ma il 14 e 15 gennaio una serie di violente scosse distrugge totalmente i centri abitati di Gibellina, Montevago, Salaparuta, Poggioreale, e ne danneggia altre decine, provocando 296 morti, un migliaio di feriti e 100.000 senza tetto; nel periodo successivo centinaia di superstiti si ammaleranno per la mancanza di assistenza, di medicinali, di ospedali vicini, di medici, tanto che la cifra reale delle vittime raggiungerà il migliaio; si parlerà di "terremoto di Stato", per la vulnerabilità delle abitazioni e le condizioni dei sopravvissuti alla catastrofe, le cui cause si chiamano sottosviluppo, abbandono, esclusione, potere politico-economico-mafioso. Contro tutto ciò immediate partono proteste e forme spontanee di organizzazione, cancellate dall'informazione di regime. Calano da Roma prima Aldo Moro, con il suo bagaglio di promesse in una terra in cui il suo partito aveva sgovernato da sempre, e poi il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, accolto con uno schiaffo appena sceso dall'elicottero dalla popolana di Montevago Tina Manolunga.

I terremotati, in gran parte contadini, sanno che devono lottare per ottenere i soccorsi. Provano a recarsi a Roma l'1 marzo, ma a Palermo il treno viene soppresso perché "sullo Stretto c'è da dare la priorità ai treni merci carichi di arance". La rete di comitati si ricostruisce, gestisce gli aiuti, mette in piedi mobilitazioni, e le valli ridiventano cantieri di organizzazione dal basso senza partiti e contro lo Stato assente. Scrive Piero Riggio su "L'Agitazione del Sud" (1) dopo aver elogiato i comitati di Dolci, Barbera e della popolazione: "Il terremoto ci ha messo addosso tanta paura, ma ci ha fatto toccare con la mano la freddezza di questo mostro che è lo Stato, ci ha confermato nelle nostre idee e ci auguriamo che le scosse telluriche contribuiscano a scuotere intimamente i nostri contadini, le nostre popolazioni e si risveglino dal profondo letargo in cui sono caduti".

Dal Belice 10.000 persone emigreranno al Nord; 16.000 rimarranno nelle tendopoli. Un episodio singolare accade il 29 gennaio: i treni degli emigranti vengono bloccati alla frontiera Svizzera che in quel momento non li vuole.

Gli studenti di Partanna lottano per la ricostruzione delle scuole distrutte dal sisma, mentre nelle scuole e università siciliane si organizzano come in tutta Italia e in Europa; l'8 marzo a Catania violenti scontri tra il movimento studentesco e le forze di polizia; a Palermo la contestazione si allarga a macchia d'olio e nelle scuole si discute di repressione sessuale e di violenza sociale; la protesta si diffonde nei luoghi di lavoro: gli operai della El.Si (Elettronica Siciliana), fabbrica di proprietà statunitense, in mille occupano lo stabilimento per un mese contro il tentativo di chiusura e i licenziamenti. E' una lotta circondata dalla solidarietà degli operai e degli studenti, che costringerà il sindaco a requisire la fabbrica e a mantenerla in attività. Nel siracusano gli operai della zona industriale dal mese di marzo ingaggiano la lotta per il contratto: durerà 4 mesi e si concluderà con la firma da parte dei padroni di Rasiom-Esso, Italcementi, Sincat-Edison; a Messina sono occupati tre licei (il La Farina per 10 giorni) e in seguito l'Università; qui gli studenti di destra si mischiano alle occupazioni e le sprangate ai militanti di sinistra sono all'ordine del giorno, coperte da esponenti della Questura dichiaratamente fascisti e dal quotidiano "Gazzetta del Sud".

A maggio i fiori del 68 fioriscono dappertutto; a Partanna 5000 proletari del Belice manifestano nel quadro della "giornata di pressione locale" contro i governi di Roma e Palermo. Il 12 prima uscita ufficiale degli anarchici catanesi con una conferenza di Placido La Torre sul potere e la situazione nazionale e internazionale; il loro mensile "L'Agitazione del Sud" da ampio spazio alla rivolta parigina e alla situazione siciliana. Il 3 giugno a Palermo violenta aggressione poliziesca agli operai che manifestano per i salari e la difesa delle industrie locali: sono in sciopero in 15000 di cui 3500 al Cantiere Navale, 1800 alle industrie Espi, 1.040 all'El.Si, 2.000 netturbini e 7.000 comunali. Il 14 luglio alla Piaggio viene imposto un accordo che spezza le gabbie salariali.

Manifestazioni dei contadini terremotati hanno luogo a Salemi e Mazara del Vallo per protestare contro la precarietà del settore agricolo. L'anarchico di Salemi Melchiorre Palermo commenta lo stallo della situazione nelle zone terremotate su "L'Agitazione del Sud" (2): "A cosa sono serviti i 'blocchi umani' per le strade, gli 'scioperi generali', per lo più strumentalizzati dai falsi pastori del sindacalismo nostrano, i viaggi sfibranti dei sindaci a Roma e a Palermo, accolti qualche volta da manganellate e bombe lacrimogene? Non si può continuare così. E' bene convincersi che si potrà ottenere qualcosa soltanto con l'azione diretta, violenta se occorre, senza lasciarsi addormentare dal temporeggiare dei partiti e sindacati. E' per questo che mentre ricordiamo i morti, sproniamo i vivi ad agire".

Nei mesi estivi viene elaborato un modello di ricostruzione alternativo per le aree terremotate, il "Piano di sviluppo democratico", da parte del gruppo di Danilo Dolci; in 10.000 sfilano a Palermo il 10 luglio nella "marcia dei dimenticati": donne, vecchi e bambini vengono violentemente caricati per oltre mezz'ora a colpi di manganelli e lacrimogeni, i marciatori reagiscono lanciando contro i poliziotti bottiglie, sassi e lacrimogeni inesplosi. Il cronista de "L'Unità" l'indomani scrive: "Un donna che ha il marito in Germania, con una bimba di due mesi in braccio, cade. Un poliziotto le stringe il collo fino a soffocarla; io sono a pochi passi e le afferro la bimba urlante mentre il compagno Ludovico Corrao strappa a stento la donna a quella furia insensata. Un sottufficiale dei carabinieri mira a un ragazzo con pietre grosse come un bicchiere... I sinistrati vengono inseguiti e picchiati a sangue sin giù ai Quattro Canti, mezzo chilometro verso il mare... Ad un ragazzino di Gibellina un poliziotto sbatte ripetutamente e con violenza la testa contro i bastioni".

Dal 15 settembre iniziano i "50 giorni di pressione" nelle valli del Belice, Carboj e Jato per l'attuazione dei soccorsi "urgenti" e per il controllo delle spese effettuate. Fino al 4 novembre sarà un susseguirsi di riunioni, manifestazioni, conferenze stampa, 3 digiuni, una delegazione a Roma e 3 a Palermo, discussioni sul Piano di sviluppo, un corteo per la nuova diga. A chi per anni ha sostenuto la narrazione tossica di terremotati siciliani passivi, in attesa dell'elemosina statale, a cospetto delle più sveglie popolazioni di altri terremoti (Friuli 1976, Emilia Romagna 2012), queste cronache e le successive dimostrano una reattività, una progettualità e livelli di organizzazione encomiabili.

In autunno entrano in scena i primi gruppetti extraparlamentari (Falcemartello a Catania, Siracusa e Lentini) e gli anarchici (col Centro studi sulla nonviolenza di Catania). A Palermo esplode la lotta all'istituto tecnico "Parlatore"; la polizia irrompe nella scuola; lo stesso a Messina nelle facoltà universitarie occupate, con decine di arresti: per protesta si dimettono il rettore e i presidi di tutte le facoltà (tranne Magistero).

A Roccamena, nel Belice, si svolge il "processo popolare" al governo e al parlamento a cura del locale Centro Studi; per tre giorni la popolazione contadina si esprime in maniera matura contro i nemici del popolo; la situazione è pronta per un salto di qualità nello scontro, ma ciò provoca una rottura tra Dolci e Barbera, con il primo contrario ad innalzarlo e il secondo determinato a farlo; si perde un'occasione unica per mettere lo Stato alle strette. (3)

L'autunno studentesco è caldo: a Palermo l'1 novembre a Ingegneria viene proclamato lo sciopero generale contro la repressione, per l'unità del movimento, per la requisizione dei locali, l'edilizia scolastica, il diritto all'assemblea; il 5 sfilano in 10.000, l'indomani in 15.000. Negli stessi giorni prende vigore il movimento dei braccianti siracusani contro l'arroganza degli agrari; chiede aumenti salariali, l'eliminazione delle differenze tra la zona degli agrumeti e quella delle colture tradizionali, la parificazione dell'orario di lavoro, l'applicazione degli accordi del 1966, quando i braccianti di Lentini erano stati selvaggiamente picchiati dalla polizia, come già nel '63 era accaduto a quelli di Avola. Dal 24 novembre 32.000 braccianti incrociano le braccia nello sciopero generale provinciale; gli agrari, con la loro reazionaria Unione degli agricoltori, rifiutano di trattare; il 28 viene bloccata parzialmente la statale 115, azione che s'infittisce visto il muro degli agrari; il 1° dicembre la protesta dilaga e il 2 ad Avola è sciopero cittadino cui partecipa tutta la popolazione: i braccianti occupano la statale, raggiunti dagli studenti e all'ora di pranzo, dai familiari. La celere giunta da Catania riceve l'ordine di caricare: 25 minuti di caroselli con le camionette, di spari ad altezza d'uomo lasciano sul terreno Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia, 48 sono i feriti; verranno raccolti 2 kg di bossoli. A mezzanotte il Ministro degli Interni ordina la ripresa delle trattative e il 3 gli agrari firmano malvolentieri il contratto.

Ai fatti di Avola segue un'immediata reazione in tutto il Paese, e lo sciopero generale nell'Isola; scontri violentissimi con la polizia avvengono nell'area mineraria di Villarosa; è corteo ad Avola; migliaia di studenti protestano a Roma, a Trento viene occupata l'università, a Genova scoppia una bomba presso degli uffici comunali, e il 4 i manifestanti tentano di occupare la Prefettura; manifestazioni si svolgono ovunque, e anche i lavoratori della RAI contestano il modo fazioso con cui il telegiornale ha presentato i fatti. L'8 dicembre davanti alla Scala di Milano un fitto lancio di uova e cachi colpisce i borghesi in pelliccia, un cartello recita "I braccianti di Avola vi augurano buon divertimento"; l'11 ancora scontri a Lecce, La Spezia e Siracusa; il 31 dicembre è protesta davanti alla Bussola di Viareggio indetta da anarchici e Potere Operaio; tra sputi e insulti ai borghesi, si grida: "I braccianti di Avola vi augurano buon anno". Soriano Ceccanti, colpito dal fuoco della polizia, rimarrà paralizzato a vita. (4)

Il 68 parla tragicamente siciliano in un clima di rivolta e desiderio di riscatto; ma incombe anche la terza via, l'emigrazione: nell'anno 242.881 siciliani lasciano l'isola, in 143.000 si spostano al Nord Italia e 99.000 all'estero. (5).

Pippo Gurrieri

Piero Riggio, Amarezze e delusioni - Sicilia dopo il terremoto, "L'Agitazione del Sud", Palermo, febbraio 1968.

Melchiorre Palermo, A Salemi il tempo si è fermato, "L'Agitazione del Sud", Palermo, luglio-agosto 1968.

Fiorella Cagnoni, Valle del Belice, terremoto di Stato, Moizzi, Milano 1976, p. 184-185.

Giuseppe Oddo, Il miraggio della terra in Sicilia. Dallo sbarco alleato alla scomparsa delle lucciole (1943-1969), Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2021, p. 567-570.

Per la stesura di questo articolo mi sono servito in gran parte del mio Il 68 in Sicilia uscito nello speciale "La finestra" di Sicilia libertaria n. 58, settembre 1988.

http://sicilialibertaria.it
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