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(it) Italy, Sicilia Libertaria: Esse lunga - La morte in subappalto (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Fri, 29 Mar 2024 10:18:21 +0300
"E dovremmo pure dirgli pure grazie perché offrono lavoro". Avevo 15
anni, il primo accenno di barba e una chioma di capelli che ora è
soltanto un ricordo. Coi 99 Posse avevo scoperto la militanza in musica,
e c'era questa canzone, "Povera vita mia", che raccontava le morti sul
lavoro. O Zulù era parecchio incazzato in quel pezzo, manco ci provava a
rappare, come se la rabbia fosse così tanta che le parole non avevano il
tempo di mettersi in rima. E ascolto quel pezzo ora che di anni ne ho
38, dopo la strage al cantiere Esselunga di Firenze, avvenuta il 16
febbraio scorso.
Di Esselunga negli scorsi mesi si è parlato parecchio. Lo spot della
mela, quanto è di destra questa catena di supermercati, e poi la lotta
tra il patriarca e il figlio per la gestione dell'impero economico.
Sembra una serie tv, la Succession italiana, dicono coloro che parlano
male e pensano peggio. Però poi arriva il conto con la realtà. E la
realtà è che a Firenze il 16 febbraio muoiono cinque operai, e anzi
questa volta ce ne siamo accorti. Ma solo per l'entità della tragedia,
per la sua gravità. Neppure il declino industriale degli ultimi 30 anni
ha fermato le morti sul lavoro in Italia. Sempre tre al giorno sono, di
media, dai tempi dei 99 Posse. Sempre la stessa orrenda statistica.
Nonostante i peana degli industriali e dei giornali liberali che si
credono indipendenti e invece ripetono a pappagallo le litanie dei
padroni. Non si trova più la gente che vuole lavorare, dicono. Forse
perché tengono più alla propria vita che al vostro profitto?
Questa volta la grande trave di cemento cade da un'altezza di 12 metri,
distrugge due solai e seppellisce sotto di essa cinque persone che
lavoravano lì vicino, ne ferisce altri tre, non può lasciare
indifferenti. C'è pure il video dopo il crollo e, sebbene sia girato a
tragedia avvenuta, è già impressionante di per sé. Dovrebbe interessarci
altro, non solo l'efferata scena del crimine. E in parte si riesce a
parlarne, in quella che però è la riproposizione di storie già sentite.
Appena qualche elemento nuovo, giusto per dare l'idea che qualcosa si
muove, che i tempi cambiano. In realtà cambia solo il modo in cui si
ammazza chi lavora. La nazionalità dei morti, innanzitutto: un solo
italiano, tre marocchini e un tunisino. Pure i feriti sono stranieri,
rumeni per la precisione. Al prossimo giro la sete di profitto riuscirà
a evitare l'italica morte? Non ci resta che attendere.
E poi gli altri fattori, anch'essi di un cinismo esasperante. La
costruzione dell'ennesimo grande supermercato, al posto di un ex
panificio militare. Un'infinità di imprese, ben 61, coinvolte nel
cantiere, fino a tre livelli: appalti, subappalti e subappalti di
subappalti. La Cgil che parla di "operai come ectoplasmi", intendendo le
centinaia di persone che lavoravano senza manco il permesso di
soggiorno, nessun diritto e solo sfruttamento. L'ASL che appena il mese
prima non aveva rilevato alcuna anomalia. Il coinvolgimento dell'ex
ministro Alfano. Il probabile caporalato, con l'imam della città che
parla di operai del cantiere che gli avrebbero raccontato di come, pur
avendo un contratto regolare, dovevano dare metà del loro stipendio a
chi aveva trovato loro il lavoro. Ce ne importa poco delle
responsabilità dell'accaduto. Del lavoro della magistratura per
individuare le responsabilità penali. Sarà stato un difetto di fabbrica
oppure l'errore è avvenuto nella progettazione o, ancora, nella fase di
installazione? Tanto finirà come al solito, come sempre, coi padroni che
la fanno franca e un sistema che continuerà imperterrito a perseguire il
massimo profitto, sui corpi di chi lavora. Un po' di indignazione qui,
la stronzata della patente a punti per la sicurezza lì, forse un nuovo
reato da introdurre, l'omicidio sul lavoro. Sarebbe l'ennesima tipologia
introdotta da questo governo fascistoide, non servirebbe comunque a
nulla ma in ogni caso non hanno il coraggio manco di provarci, potrebbe
dare appena un poco di fastidio per chi crede che la vita di una persona
non vale il costo di un'assunzione regolare e di un corso di formazione
professionale, e allora meglio lasciare tutto così com'è. Gli operai
morti non meritano manco un post di Salvini, erano pure di colore,
meglio scrivere del tennista coi capelli rossi, più tedesco che italiano
ma almeno ha la pelle chiara.
Lo scrittore Alberto Prunetti, figlio di un operaio morto per
intossicazione da amianto e instancabile diffusore della letteratura
working class, sostiene di aver finito le parole e poi suggerisce di
pensarne una nuova. Operaicidio. Brutta parola, certamente, che parte
dall'assonanza con la sorella femminicidio per mettere in risalto lo
sterminio di classe. Sembra non esserci un prima e un dopo, dice invece
Simona Baldanzi, anche lei figlia di un'operaia che lavorava in una
fabbrica di jeans. E ha ragione pure lei, come ce l'ha Alberto, come
forse ce l'ho pure io, il terzo figlio di un operaio. A mio padre ho
sempre detto: scriviamo noi al posto vostro che non volete farlo, che
credete di non sapere farlo, che non lo reputate utile o importante. Io
sarò pure un operaio della conoscenza ma a me non capiterà mai di essere
schiacciato da una trave. E forse abbiamo sbagliato pure noi, dovremmo
spingervi a prendere parola, a dire anche le cose più oscene e
insensate. Senza filtri, solo gli operai e le parole. Anche quando sono
razziste, omofobe, inconcludenti incomprensibili. Prendersi tutto perché
non è rimasto niente. Solo una morte in subappalto.
Andrea Turco
http://sicilialibertaria.it
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