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(it) Italy, UCADI #182: Italia: prove generali di dissoluzione dello Stato (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Sat, 23 Mar 2024 08:44:29 +0200


L'approssimarsi delle elezioni europee e di molte elezioni regionali ha indotto i partiti della maggioranza di governo a far compiere i primi passi parlamentari al progetto di attuazione dell'autonomia differenziata che sancirà la differenziazione del paese in 21 microstati. È certamente vero che l'attuazione dell'autonomia differenziata è prevista in Costituzione nelle forme ipotizzate da una scellerata riforma costituzionale, voluta dalla sinistra(?), e approvata nel 2001 con 3 soli voti di maggioranza. Ma è anche vero che da allora molta acqua è passata sotto i ponti e le condizioni economiche che rendevano conveniente affrontare e tentare di risolvere il problema di una maggiora rappresentanza politica ed economica coerente con il ruolo svolto delle regioni del nord nell'economia del paese, sono profondamente puntate.
La crisi profonda dell'economia tedesca e del capitalismo franco-renano rende non più appetibile l'aggancio dell'economia di Veneto e Lombardia, ma anche dell'Emilia Romagna, alla locomotiva tedesca che è ferma sui binari.
Oggi la Germania è in recessione, avvolta nelle spirali di una crisi nel modello economico e produttivo che non si risolverà tanto presto e questo mentre gli assi produttivi dell'Italia gravitano verso una presenza diffusa sul territorio delle attività produttive, maggiore che in passato. Non solo, ma per molto tempo i flussi di approvvigionamento dell'energia viaggeranno da sud a nord e non viceversa. Diventa perciò contrario agli interessi dell'economia puntare a un paese a più velocità, a seconda delle aree nelle quali esso è amministrativamente diviso e governato. Sembra anzi giunto il momento di fare del sistema paese l'asse portante del suo sviluppo complessivo, puntando ad una maggiore integrazione con l'economia degli altri paesi europei che devono la loro forza proprio alla scelta di operare facendo sistema dei capitali e delle forze e capacità produttive delle quali dispongono. Tutto ciò è tanto più vero se si guarda all'Africa come uno dei possibili poli di sviluppo futuri, considerata la posizione geografica dell'Italia e la sua conformazione nel Mediterraneo.
Invece proprio ora, in ossequio ad una scelta ideologica di un partito che tutto ha puntato sulle autonomie e la frammentazione del paese, si decide di optare per uno scambio politico tra il partito che sulla carta dovrebbe essere il difensore dell'unità nazionale (F.d I.) e quello che vuole la fine dello Stato unitario (Lega), in una qualunque forma possibile, accettando lo scambio tra autonomia differenziata e adozione delle premierato, sciocca e stupida formula di governo, palesemente fallimentare (è stata sperimentata in Israele per poco tempo, con insuccesso) e subito abrogata, ma è funzionale a riproporre il mito dell'uomo-donna forte al comando.

Il dibattito al Senato

Dal dibattito sull'autonomia differenziata che si è svolto al Senato il 23 gennaio sul disegno di legge Calderoli[1]emerge che la sua attuazione costituirebbe di fatto una modifica profonda del quadro istituzionale nazionale, inaugurando un diverso sistema di relazioni e di gerarchie dei valori concernenti l'attuazione dei diritti e delle libertà, che lede il principio di uguaglianza, facendo assume una crescente importanza agli organi di governo del territorio ,in relazione alla loro attuazione, (le Regioni) mortificando e lasciando immutato il ruolo dei Comuni che sono le strutture realmente più vicine e funzionali alla gestione del territorio.
Il provvedimento nasce dalla richiesta di Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna di potestà legislativa per le attuali materie di legislazione concorrente e/o per tre di quelle di competenza esclusiva dello Stato e si inserisce in un contesto istituzionale che ha già visto le Regioni cercare di ritagliarsi sempre maggiori competenze.
È pur vero che l'aspetto che oggi desta maggiori preoccupazioni concerne il maggior trasferimento delle risorse finanziarie connesso all'autonomia differenziata, prova ne sia che qualora la richiesta fosse accolta il Veneto tratterrebbe il 90% del gettito fiscale prodotto dai suoi cittadini ed imprese residenti sul suo territorio, pari a circa 41 miliardi; la Lombardia, oltre 100 miliardi, l'Emilia-Romagna, 43 miliardi, per un importo di 190 su 750 miliardi annui di gettito fiscale. Tuttavia l'effetto di maggior peso della riforma sarebbe certamente l'ampliamento della sfera d'intervento e competenze delle Regioni e la crescita dei loro poteri anche in materie apparentemente non coinvolte nel trasferimento, e questo proprio in ragione dell'acquisito controllo sulle risorse.
Prendendo in esame la proposta presentata dal Governo, alla luce delle modifiche apportate in sede referente, rileviamo che essa si compone di 11 articoli. L'articolo 1 indica le finalità dell'intervento normativo; l'articolo 2 stabilisce una clausola di limitazione delle intese da parte del Presidente del Consiglio per assicurare la coesione nazionale; l'articolo 3 rafforza il ruolo del Parlamento nella determinazione dei LEP; l'articolo 4 garantisce l'uguaglianza dei LEP su tutto il territorio nazionale; gli articoli 5 e 6 regolano rispettivamente le modalità dell'intesa e il trasferimento delle funzioni dalle Regioni agli enti locali; l'articolo 7 contiene una clausola di supremazia statale: l'articolo 8 riguarda la Commissione paritetica di valutazione degli oneri derivanti dalla delega di funzioni alle Regioni; l'articolo 9 stabilisce che le intese non devono pregiudicare l'entità delle risorse da attribuire alle altre Regioni; l'articolo 10 contiene una norma di garanzia per l'unità nazionale e la coesione sociale; l'articolo 11, infine, contiene disposizioni transitorie- facciamo riferimento all'ultima versione resa nota dal Ministro Calderoli.
È opportuno ricordare che le richieste delle materie da trasferire da parte delle Regioni sono in parte diverse e comprendono comunque il trasferimento di potestà legislative e di risorse finanziarie. Il Veneto ha chiesto tutte le 23 materie previste dall'articolo 116 comma 3 della Costituzione; la Lombardia 20 (escluse solo: l'organizzazione della giustizia di pace; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale), l'Emilia-Romagna 16 (non ha richiesto: professioni; alimentazione; porti e aeroporti civili; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale). Successivamente anche la Campania ha chiesto che venga avviata l'istruttoria per alcune materie. Queste materie vanno ad aggiungersi e a
rafforzare le competenze già attribuite alle Regioni, contribuendo a consolidare la tendenza a una differente applicazione sul territorio, oggi frutto delle diverse capacità politiche dei governi regionali a dare attuazione alle scelte adottate dallo Stato.
A tali materie le Regioni possono chiedere di aggiungere altre materie attualmente di competenza esclusiva dello Stato: giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace; norme generali sull'istruzione; tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, differenziando anche in questi campi la legislazione del paese e la gestione dei problemi.
L'avvio del dibattito sull'autonomia differenziata al Senato ha dimostrato che da parte di alcune forze politiche emergono crescenti perplessità sul processo di attribuzione delle competenze alle Regioni che lo richiedono, che si riflette in azioni che le Regioni non coinvolte dal processo di trasferimento potrebbero intraprendere a tutela dei loro interessi e di una equa distribuzione e fruizione delle risorse.
Per opporsi al provvedimento, in una prima fase i Consigli regionali di alcune Regioni potrebbero sollevare ricorso in via principale alla Consulta, una volta che il testo della riforma sarà approvato definitivamente dalle due Camere. Nella fase successiva, preso atto dell'esito di queste iniziative, dovranno essere redatte le intese per sancire ampiezza e modalità concreta del trasferimento delle competenze .Anche questa fase del procedimento potrebbe e sarà certamente oggetto di impugnazione davanti alla Corte costituzionale.
Accanto ed insieme all'opposizione al provvedimento, che può essere sviluppata dai Consigli regionali delle Regioni non coinvolte nel processo di autonomia differenziata, vi è poi un'iniziativa che può essere intrapresa dai cittadini raccogliendo 500.000 firme, per chiedere che venga indetto il referendum abrogativo della riforma, sempre che lo stesso governo non debba ricorrere al referendum confermativo, una volta nota la maggioranza con la quale il provvedimento verrà approvato. Da un rapido calcolo dei numeri presenti in Parlamento questo passaggio referendario appare inevitabile per la maggioranza di governo.
Ciò detto non rimane che affinare le armi e prepararsi ad una battaglia lunga e dura sulla quale si misurerà la riuscita del progetto di dar vita ad un regime politico che, stravolgendo la Costituzione, realizzi il sogno della destra al governo che potrà dire, in caso di successo, di governare una Repubblica che non è più quella nata dalla Resistenza.

Lo scambio con il premieriato

Questa affermazione risulterebbe rafforzata dall'attuazione, per effetto dello scambio politico messo in atto fra i partiti di governo, del pemierato che ,centralizzando i poteri sul Presidente del Consiglio in modo così rilevante da oscurare quelli del capo dello Stato, permetterebbe di sostenere che una nuova Repubblica è nata.
Nelle intenzioni della premier il nuovo assetto dei poteri dovrebbe consegnare alla sua forza politica il controllo del paese per un numero di legislature sufficienti a plasmare un nuovo assetto dello Stato e della società italiana, riscrivendo la distribuzione dei cittadini tra le classi sociali e ricreando un ceto medio, costruito sulla base di relazioni corporative di nuovo conio, il tutto all'insegna del "prima gli italiani", contrabbandato come una versione di politica della cosiddetta destra sociale.
Questo progetto non fa i conti con il fatto che l'attuale Presidente del Consiglio ha dimostrato di avere come orizzonte un liberalismo che tende alla democratura, che è a sua volta diverso anche dal corporativismo, perché lo supera in efferatezza, promuovendo una società appiattita sui valori oscurantisti propri della "teologia della prosperità" formulata dal protestantesimo statunitense, intrecciato con la teorizzazioni di una sociologia cristiana integralista, malata.

[1]Schema di disegno di legge, Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata, delle Regioni a statuto ordinario, 1° febbraio 2023,
https://www.orizzontescuola.it/wp-content/uploads/2023/02/Autonomia-Differenziatadef.pdf

La Redazione

https://www.ucadi.org/2024/02/17/italia-prove-generali-di-dissoluzione-dello-stato/
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