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(it) Umanità Nova n.35: Migranti: le nuove politiche della fortezza Europa - Deportazioni di massa e campi di concentramento

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Date Thu, 11 Nov 2004 11:05:21 +0100 (CET)


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Una delle caratteristiche della "grande informazione" è l'occultamento di
tanta parte di ciò che accade (di una fetta di realtà quindi) dietro gli
avvenimenti che "fanno notizia". Così i media hanno versato fiumi di
inchiostro e detto una valanga di parole sulle vicende degli immigrati
deportati da Lampedusa alla Libia, ma hanno nascosto quello che c'è
dietro questa ignominiosa scelta del governo italiano: il progetto
condotto da diversi paesi della Unione Europea di costruire campi di
concentramento per i clandestini fuori dai confini d'Europa (vedi
cronologia sull'iniziativa italo-tedesca). Progetto, sia detto in chiaro,
che sta trovando una sponda nella commissione europea, sia nella versione
Prodi che in quella Barroso.

Con il nome asettico e tranquillizzante di portali dell'immigrazione o di
centri di assistenza si progetta infatti di creare nei paesi contigui
all'Unione Europea campi, in cui sarebbero concentrati tutti gli
stranieri che sono riusciti o che tentano di accedere al territorio
europeo per cercarvi una protezione o una vita migliore.

Ricordo di aver descritto su queste colonne (UN del 17 gennaio 1999) i
primi passi della costruzione di un cordone sanitario in difesa della
"fortezza" Europa. Ora si sta passando ad una seconda fase: quella del
rinvio dei "clandestini" in campi di concentramento situati nei paesi del
cordone sanitario. Ovviamente non manca la motivazione umanitaria quella
di salvare la vita a coloro che, vittime degli sciacalli
dell'immigrazione clandestina, giorno dopo giorno tentano di raggiungere
le coste europee.

Ufficialmente l'iniziativa di costruire i campi fuori della Comunità l'ha
lanciata il governo inglese durante il vertice europeo di Salonicco del
19 giugno 2003. L'idea inglese è semplice: deportare in appositi campi
situati nei paesi di transito tutti coloro che sbarcano sul territorio
comunitario (assieme, naturalmente, a tutti i "clandestini" intercettati
dalle polizie locali) in attesa della definizione della pratiche d'asilo.
Nel caso di esito positivo il richiedente verrebbe accettato nella UE,
altrimenti sarebbe rispedito nei paesi di origine. La novità non è quella
di costruire i campi di concentramento (ne stanno fiorendo un po' in
tutta Europa, dall'Italia alla Germania, dalla Slovenia alla Polonia e
alle Canarie) bensì quella di deportare immediatamente fuori dalla UE gli
extracomunitari che riescono ad arrivarci. Il vertice di Salonicco non
accettò la proposta inglese, a causa della resistenza di alcuni governi
(francese e belga, soprattutto) ma secondo quanto riferito dal quotidiano
inglese The Guardian, l'UE, in mancanza di una unanimità dei consensi,
era comunque pronta ad accettare singole iniziative nazionali. È quello
che è puntualmente avvenuto negli ultimi mesi, quando Prodi (Presidente
uscente della Commissione europea) e Buttiglione (allora commissario in
pectore alla Giustizia) hanno sostenuto l'iniziativa del governo
Berlusconi per un accordo italo-libico per la deportazione.

La fortezza Europa va difesa dall'assalto dei barbari ma… salvando le
forme. Così i paesi della UE e gli organi comunitari cercano di
rispettare, formalmente, la Convenzione di Ginevra del 1951 ma in realtà
fanno di tutto per aggirarla, almeno dal 1997 quando la UE decise di
darsi una politica comune del diritto d'asilo, politica che però… tarda a
vedere la luce. Finora sono stati accettati il concetto di "paese sicuro"
(i cui abitanti vengono considerati come non aventi bisogno di protezione
dall'UE) e quello di "richiesta manifestamente infondata" (che permette
di trattare in modo molto sbrigativo la gran parte delle richieste
d'asilo). Ora si cerca di esportare il problema fuori delle frontiere
comunitarie.

L'UE non avrà problemi a trovare paesi confinanti disposti a tenersi
qualche migliaio di clandestini in putridi campi di concentramento, in
cambio di crediti e forniture di armi. La Libia ha accettato ottenendo in
cambio la fine dell'embargo e tecnologia militare (con la scusa del
pattugliamento delle coste). Altri saranno costretti ad accettare: è bene
sapere che l'accordo di Cotonou, firmato nel giugno 2000 con tutti i
paesi dell'area
Africa-Pacifico-Caraibi, contiene una clausola che costringe i firmatari
a prevedere accordi di rimpatrio dei loro connazionali entrati
irregolarmente nella Comunità.

Siamo dunque di fronte all'ennesimo atto della politica di chiusura nei
confronti tanto dei migranti che sfuggono alla povertà che di coloro che
chiedono protezione da guerre e dittature, una politica di
santuarizzazione dell'Europa voluta da Stati che favoriscono l'ormai
quasi generale convinzione che migranti e stranieri siano una minaccia
per la sicurezza collettiva. Purtroppo se non riusciremo a contrastare
questa deriva subiremo tutti le drammatiche conseguenze di questa
dissennata scelta.

A.Q.


da Umanità Nova, numero 35 del 7 novembre 2004, Anno 84
http://www.ecn.org/uenne





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