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(it) Italy, FDCA: 8 MARZO: NULLA DA FESTEGGIAARE (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Sat, 23 Mar 2024 08:45:02 +0200
In questa data di guerra, crediamo sia opportuno sottolineare che in
Italia, nel solo 2023, ben 118 donne, di cui 96 in ambito familiare o
affettivo, sono state uccise per mano di ex, compagni, mariti, fidanzati
e il numero continua a crescere anche nel 2024. ---- Quella che segue è
un'elaborazione della "Commissione etiche e politiche di genere della
Federazione dei Comunisti Anarchici" che risale all'8 marzo 2013,
vecchia in ordine di tempo ma attualissima nei suoi contenuti che
rivendichiamo interamente e che, come "Alternativa Libertaria/FdCA",
riproponiamo come contributo alla riflessione nell'avvicinarsi all'8
marzo 2024, in un mondo sconvolto da sanguinosi conflitti che vedono
ancora le donne coinvolte in prima persona in qualità di vittime.
Dopo secoli di silenzio, anche l'Italia scopre finalmente il
femminicidio. E la donna velina (oggetto in vendita) cede il posto alla
donna vittima (oggetto di violenza). Sacrosanto rendere conto
dell'aumento della violenza di genere, scardinare l'omertà del sistema e
denunciare l'assenza di reti di sostegno. Ma l'attenzione mediatica alla
vittimizzazione estrema rimane nella migliore delle ipotesi denuncia,
privilegia le brave donne, spesso oscurando le irregolari e le donne più
fragili (prostitute, straniere, trans), nega diritto di parola alle
vittime, di solito morte, per lasciarlo a tutti coloro che sono intorno.
Sempre, ancora, le donne sono rese deboli.
È la profonda crisi economica, i tagli al sociale, l'esclusione dal
mondo del lavoro il ridurle nuovamente ad angeli del focolare, relegate
al ruolo di badanti o di mamme "amorevoli per forza" a causa dei costi
inaccessibili degli asili nido, delle scuole materne e dalla scomparsa
del tempo pieno nelle scuole, situazioni economiche disastrose,
famiglie, nella migliore delle ipotesi, monoreddito, condite di
malcontento, disagio e rinunce, che porta le donne ad essere sempre più
esposte alla violenza di genere, violenza che si manifesta via via sotto
forme differenti che possono condurre all'atto estremo. La dipendenza
economica dal partner dà spesso adito a violenza psicologica determinata
dal dover chiedere denaro in casa per poter gestire il bisogno
"primario" del nucleo familiare in faticosi slalom alla ricerca del
discount più conveniente.
Ma per renderci forti occorre che ricominciamo a parlare del lavoro, dei
diritti, a rivendicare uno spazio proprio delle donne. Dalle condizioni
materiali di vita delle donne dipende la loro capacità di liberarsi da
vincoli oppressivi, più o meno consapevoli, e di aprire spazi di libertà
e di trasformazione.
Se il capitalismo ci ha sempre considerate un esercito di riserva per il
mercato del lavoro, per secoli le lavoratrici hanno combattuto contro la
subordinazione alle logiche di un'economia femminile utile solo come
sostegno alla famiglia, che si poteva accontentare quindi, di un valore
economico inferiore.
Questo numero della rivista è dedicato alla Giornata Internazionale
della donna, 8 marzo, nulla da festeggiare! Alternativa Libertaria/FdCA
Se negli anni Novanta, a fronte di un tasso di occupazione maschile
rimasto stabile, si è assistito ad una crescita della partecipazione
delle donne al mercato del lavoro, questo ha coinciso con un progressiva
"femminilizzazione" del mercato del lavoro che ha aperto la strada alla
"flessibilità" ovvero allo smantellamento progressivo dei diritti dei
lavoratori e delle lavoratrici.
E se la femminilizzazione del mercato ha anche comportato fenomeni di
de-segregazione a favore delle donne, a spese però di un diffuso
fenomeno di sub-appalto dei lavori di cura ad altre donne, allo stesso
tempo ha significato l'aumento di una domanda di lavoro "povera" e ha
favorito il processo di flessibilizzazione - precarizzazione. Così
l'ideologia del destino naturale delle donne nel ruolo di cura dei
bambini, anziani, malati, il contrattacco ideologico, il cosiddetto
backlash patriarcale e capitalista, contro il femminismo radicale e la
libertà delle donne nelle scelte pubbliche e private, ha lavorato al
disconoscimento delle donne nella loro pretesa di partecipare allo
spazio pubblico a 360 gradi come attrici collettivamente riconosciute
nello spazio sociale, nella vita dei paesi cosiddetti democratici.
Il cortocircuito si è verificato nella (scarsa, più vantata che reale)
implementazione delle politiche di "conciliazione" dei tempi di vita e
di lavoro delle donne, portata avanti in modo sciagurato e
contraddittorio insieme allo smantellamento progressivo del welfare
pubblico. Alle donne veniva proposto, e ora imposto dalla crisi
economica, di conciliare i loro molti impegni obbligati nel posto di
lavoro e nel tenere in piedi i destini delle loro famiglie, invece di
puntare a una condivisione e una corresponsabilità nei compiti di cura.
La progressiva privatizzazione del welfare ha fatto il resto: costi dei
servizi molto alti a fronte di salari molto bassi delle donne, o di
progressiva incentivazione del part-time, stanno portando all'ulteriore
precarizzazione e alla successiva uscita in massa dal mondo del lavoro,
proprio in concomitanza con la crisi che è stata a lungo preparata e si
è abbattuta alla fine del decennio scorso. Il risultato è sotto gli
occhi di tutte e tutti noi, le donne che sono state costrette
culturalmente ed economicamente a subire massicciamente la flessibilità
e la precarizzazione fino ad arrivare a livelli di nuova povertà che
arrivano a livelli tragici nella vita delle donne separate o divorziate
con figli.
La violenza di genere, fenomeno che è sempre stato presente e forte
nella società patriarcale contro le donne che hanno espresso volontà di
indipendenza e autonomia di fronte le regole date come naturali e ovvie
dentro i legami familiari, si è così accresciuta perché il valore delle
donne nel capitalismo è diminuito in modo esponenziale e così la
capacità di agire effettivamente istanze di libertà che le donne oggi
vivono come necessarie per la loro sopravvivenza in un mondo che si sta
facendo sempre più oppressivo.
Per questo come femministe comuniste anarchiche proponiamo per questo 8
marzo di rimettere al centro l'attenzione per le condizioni di vita e di
lavoro delle donne, giovani e meno giovani, cittadine della terra e non
di una sola nazione, in una prospettiva internazionale ed europea,
favorendo spazi di consapevolezza culturale ed economico-sociale che
portino ad una nuova conflittualità delle donne contro il capitalismo
che ci ha preso a bersaglio della sua volontà di distruzione di ogni
riconoscimento di dignità del lavoro e del lavoratore, di sfruttamento
senza alcuna regola.
Dobbiamo chiedere con forza che in questa fase storica non vi siano
discriminazioni ulteriori a scapito delle donne, colpite già, da sempre,
nelle loro fasi più delicate della vita, a partire dal diritto
all'autodeterminazione.
Desideriamo con forza un ritrovarci e un ritrovare solidarietà,
sorellanza, rabbia, una rabbia costruttiva per il nostro presente e per
un futuro che non vogliamo e non dobbiamo consegnare alle nostre giovani
e ai nostri giovani con lo sfruttamento, la violenza, la discriminazione
dell'oggi.
Vogliamo riprenderci le nostre vite, la consapevolezza del nostro
valore, delle nostre capacità, vogliamo poter vivere una vita dignitosa,
libera e consapevole.
Che siano le donne oggi a dire basta e a proporsi come soggetto
rivoluzionario, in un percorso comune che vada oltre ogni confine,
perché, in fondo è questo l'8 marzo ed è l'unico 8 marzo possibile. Con
l'augurio, e il desiderio, di continuare a costruirlo tutto l'anno.
http://alternativalibertaria.fdca.it/wpAL/blog/2024/03/02/8-marzo-nulla-da-festeggiaare/
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